LA “PASSIONE DI UNA VITA

Bene, per me non è stato affatto così.
La passione c’era ma ha dovuto aspettare un po’ a metterla in pratica. Fin da giovanissimo mille volte ho sognato, anche a occhi aperti, di fare l’allevatore. E ho letto, riletto e studiato centinaia, migliaia di volte tutto quello che ho potuto trovare sulla mia amata razza.
Ma ho dovuto aspettare, per interminabili anni, che mio padre comprasse la mia prima cucciola, cosa che poté avvenire solo quando ci trasferimmo in campagna.
Allora avevo 13 anni e ora ne ho 45; ma lo spirito è rimasto sempre lo stesso, senza nessuno di quegli “alti e bassi” che caratterizzano ogni storia d’amore che si rispetti.

Certo, non tutti i miei cani hanno avuto la stessa importanza, ma solo perché questo è nella logica delle cose: non si può avere con tutti quel feeling, quel qualcosa di speciale che ti lega anche senza volerlo a quel particolare soggetto che ti dà tutto se stesso incodizionatamente, fin da cucciolo.
Ancora oggi non so spiegarmi come questo possa accadere, ma succede, e le differenze tra soggetti diversi sono spesso notevoli.
Ironia della sorte quella mia prima cucciola, più volte accoppiata, non partorì mai, anzi mori a soli 6 anni in seguito ad una infezione uterina non diagnosticata in tempo dal veterinario.
Con l’entusiasmo di un giovanissimo, allora ero convinto di sapere tutto sul Dobermann, ma poi, avendo conosciuto di persona personaggi (per me mitici, che considererò sempre grandi maestri) quali Vogel, Kollemberg, Palmer, Pezzano… ho capito che avevo tanto, ma ancora tanto da imparare per poter essere in futuro un buon allevatore.

Gli Inizi

Gli Inizi

Girovagando per le esposizioni, un giorno incontrai un tipo un po’ buffo, che dormiva sdraiato per terra sopra la sua cagna, addormentata anche lei. Chi l’avrebbe mai detto che quella cagna sarebbe stat a la capostipite di tutte le mie fattrici passate, attuali e future!
Si chiamava Astrid (Hanter di Campovalano X Loira) ed era, a dir poco gigantesca.
Il suo padrone aveva solo un paio di anni più di me (19 all’epoca) e, chiacchierando, scoprii che era convinto come me di fare l’allevatore. Forse ne sapeva più di me sul Dobermann, visto che già da un paio di anni frequentava l’ambiente, ma in quanto a genealogie io ne sapevo più di lui; comunque le nostre idee sull’argomento erano quasi sempre coincidenti. Da una grande simpatia reciproca nacque, nel nome del Dobermann, una grande amicizia, che durò a lungo e ci vide insieme per tanti anni. Questo signore si chiama Gianni Chionna ed è titolare dell’affisso di Latiano, anche se oggi – non so per quale misteriosa scelta personale – ha smesso di allevare.
Le mie capostipiti, Diva e Dana di Latiano (che acquistai da lui), fecero con il suo affisso le prime due cucciolate, da cui nacquero subito alcuni campioni come Idol e Ingrid di Latiano, Miller e Maia di Latiano.

L'AFFISSO DEI MONTI CIMINI

L’AFFISSO DEI MONTI CIMINI

Per tanti anni confesso di non aver avvertito interiormente la necessità di avere un mio personale affisso, forse perché pensavo che non avrei mai potuto fare dell’allevamento la mia professione, essendo fin da giovane impeg nell’azienda di famiglia. Va anche detto che mi sentivo molto partecipe dei risultati dei “di Latiano” che consideravo un po’ anche miei, in quanto tutte le mie energie erano indirizzate verso di essi.
A un certo punto però questo “bisogno non avvertito” divenne una necessità. Decisi infatti di camminare con le mie gambe e con la mia amatissima Diva di Latiano (ZTP 1A Ecc SCH1, Camp. Soc: AIAD 94 e 95, CH.Italiana, V.DV Siegerin) feci la mia prima cucciolata, accoppiandola con un cane da lavoro Korung a vita: Cobes von Warringhof.
La burocrazia rallentò le pratiche del mio affisso, che è, ancora oggi, DEI MONTI CIMINI, che arrivò pochi mesi dopo la nascita di quei cuccioli. Tra loro c’era Athena (ZTP1A ECC SCH3) cagna che accoppiata con il Ch. Gamon di Campovalano mi ha dato il grandissimo Erman dei Monti Cimini (Bundessiger, Sieger AIAD, Camp.Italiano, Camp.Internazionale, ZTP SCH1).
Non dimenticherò mai per tutta la vita l’emozione provata il giorno dello ZTP di Athena, quando il dott. Pezzano, dopo aver verificato di persona il carattere eccezionale di questa cagna, si complimentò con me.
Allo stesso modo rimarrà impressa in me l’emozione del Bundessiger vinto da suo figlio, Erman dei Monti Cimini, a soli due anni e mezzo d’età, stracciando la concorrenza di Dobermann provenienti da mezzo mondo. Sono stati momenti così intensi e carichi di significato che riesco ad accostarli solo alla nascita di mio figlio Leonardo.
Di lì a poco, in maniera improvvisa, Diva morì, lasciandomi un vuoto interiore indescrivibile, perché insieme a lei avevo vissuto cinque anni intensi nel mondo cinofilo, a me tanto caro.

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LA FILOSOFIA DI UN ALLEVAMENTO

 

Quel primo accoppiamento, Diva con Cobes von Warringhof, fece sogghignare e ironizzare molti illustri signori che non riuscivano a spiegarsi la scelta di “sprecare” una fattrice così importante con un cane da lavoro non bellissimo.
In realtà il Dobermann è una sola razza, bella e dal carattere eccezionale e Athena, da quell’accoppiamento e usata in allevamento in modo corretto, mi ha dato risultati strepitosi con suo figlio Erman dei Monti Cimini. Forse qualcuno, al tempo, si sbagliava!
Per fortuna, non avere la necessità di guadagnarsi il pane con l’allevamento permette a volte di fare delle scelte solo basate sulla passione e sulle conoscenze acquisite, seminando bene per gli anni a venire, senza avere la necessità di dover ottenere risultati immediati a tutti i costi. Ho sempre pensato che la fretta, specie nell’allevamento d’animali destinati a vivere con e per l’uomo, sia una pessima consigliera.
Proseguo quindi il mio attento lavoro di selezione della razza sempre in linea con i miei ferrei principi che mi impongono di non utilizzare in riproduzione quei soggetti (specie se maschi) che non danno ampie garanzie sul proprio carattere, tenendo allo stesso tempo conto del loro fenotipo e del loro genotipo.
Parto comunque dall’esigenza primaria del conseguimento dello ZTP: ritengo sia l’elemento decisivo che ha permesso negli ultimi vent’anni una crescita costante e decisiva della media caratteriale dei Dobermann italiani.
Oggi, come dal primo giorno che allevo, continuo ad avere al massimo una o due cucciolate all’anno, in modo da poter seguire, nei limiti del possibile, tutti i cuccioli che produco, inclusi quelli che non faranno una carriera sportiva.
Visto che questa razza da utilità, è comunque importante continuare a maturare esperienze “quotidiane” su di essa senza essere assillati dal risultato agonistico.
Risultato che comunque rimane un essenziale momento di confronto, necessario e obbligatorio per un allevatore serio, che ha l’obbligo di scegliere per il proprio cucciolo non il proprietario che è disposto a pagarlo meglio, bensì colui che ne saprà fare, da adulto, un cane sano e sicuro, capace di vivere nella società moderna senza alcun problema con il mondo che lo circonda.